La mente del Runner
Molte statistiche riportano che, dopo circa 4 anni dall’inizio di una attività sportiva intensa come la corsa, tanti miglioramenti e obiettivi personali raggiunti, arriva un infortunio lungo o un calo fisico tale da determinarne spesso la fine dell’attività stessa o comunque un lungo periodo di stop.
Cosa accade?
Abbiamo dimenticato che il corpo, come qualsiasi manifestazione della natura necessita di vivere le sue fasi: incremento e decremento, carico e scarico, azione e riposo, performance e rigenerazione.
Succede che abbiamo fatto sì che la mente prendesse il sopravvento anche nella corsa.
Nella cultura degli sportivi ma non solo, è sempre l’aspetto “passivo” che tende a non essere adeguatamente riconosciuto: il riposo, la rigenerazione, la decrescita.
Nella mia esperienza personale, con la meditazione ho imparato ed imparo continuamente ad integrare gli aspetti che appaiono opposti, a vederli e viverli come unità non separate.
Così ho incluso la meditazione nella corsa, anzi, ho incluso la corsa nella meditazione.
La meditazione è l’arte dell’osservare ciò che è, l’arte di non andare nella mente quando non necessario, l’arte di vivere la pienezza del momento, piacevole o meno che sia.
A distanza di anni, penso che avrei forse smesso anch’io se non avessi avuto questa opportunità e non ne avessi colto l’importanza perché non è facile accorgersi quando la corsa viene vissuta come come una splendida amante (intesa come “cosa amata”) o come una specie di droga per una vita che ci piace poco.
[Alessandro Nardomarino – Operatore Professionale Shiatsu]
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